Valencia, città bike – friendly

“24 Storie di bici” è un libro pubblicato da Il Sole 24 ORE nel maggio 2021. Gli autori sono Pierpaolo Romio, fondatore di Girolibero, e Alessandra Schepisi, giornalista e conduttrice di “A ruota libera”,  una rubrica di Radio 24 in onda tute le domeniche alle 16:00 (le puntate naturamente sono disponibili in Podcast).
Il libro è composto da 24 storie “legate” da una finzione che è il personaggio narrante, cioè il meccanico di bici Beccaris, in attività da 50 anni, e il cui negozio è collocato a Mantova.
Le storie sono divise in quattro tematiche: il Prodotto Bici, Bici e Città, Bici e Sport, Bici e Viaggi e sono interviste a personaggi noti e meno noti: Pinar Pinzuti, Paola Pezzo, Norma Gimondi, Enrico Durbano, Frans Timmermans, Mila Brollo e tanti altri.
Qui riportiamo l’intervista n° 11: ” Valencia, rivoluzione Made in Italy”  (pagg.119-123).
LS
La città bike-friendly
Giuseppe Grezzi,classe 1973 è l’artefice della trasformazione di Valencia in una delle città più bike-friendly d’Europa. Assessore alla mobilità sostenibile e allo Spazio pubblico dal 2015, Grezzi è teorico dell’urbanismo tattico, un modo di cambiare le città senza spendere troppi soldi e usando diversamente gli spazi.
 
Giuseppe Grezzi, lucano, quarantacinque anni a nato a Vico Equense, sulla costiera sorrentina. Ha vissuto a Latronico, vicino a Matera, ha studiato a Salerno fino all’Università, si è trasferito prima a New York e poi a Bologna, dove ha conosciuto quella che sarebbe diventata sua moglie. Con lei si trasferisce nel 2000 a Valencia, dove impara prima il castigliano e poi il valenciano, tanto da perdere completamente il suo accento italiano. A Valencia comincia ad appassionarsi alle vicende politiche della città in particolare alle tematiche ambientaliste, presentandosi nel 2015 alle elezioni amministrative con la coalizione Compromis (impegno in spagnolo), che stravince. Da allora è Assessore alla Mobilità sostenibile e allo Spazio pubblico Oggi è anche presidente di Emt, l’azienda dei trasporti di una città di un milione di abitanti.
Valencia è una città adagiata sul Mediterraneo e sulle sponde del fiume Turia. La sua storia assomiglia a quella di Amsterdam, oggi capitale mondiale della bici, ma negli anni Settanta intasata dal traffico delle automobili.Valencia era una città originariamente agricola in cui si usava la bici. Poi, dopo il franchismo, ci fu il cosiddetto “desarrollismo”, lo sviluppo che portò a una crescita esagerata di infrastrutture per le macchine. Si pensò persino di cambiare il corso del fiume Turia, affinché non si ripetesse quanto accaduto nel 1957 con la grande inondazione della città, un dramma rimasto nella memoria di tutti i valenciani. L’idea iniziale fu quella di deviarlo per lasciare uno spazio vuoto dove costruire un’autostrada in mezzo alla città ma alla fine, dopo una accesa sollevazione popolare, venne realizzato un parco che oggi è uno dei simboli cittadini, la colonna vertebrale dalla quale sono partite le prime piste ciclabili.
 
Meglio puntare su piste ciclabili o sulla convivenza tra auto e bici ? Le piste ciclabili non rischiano di ghettizzare il ciclista ?
Bisogna usare la bici come strumento per trasformare la città, ma prima c’è una necessaria fase di transizione, durante la quale bisogna far sì che ci siano sempre più ciclisti sulle strade, ma i ciclisti senza piste ciclabili non si sentono sicuri e sulle strade non ci vanno. Quindi, prima occorre recuperare spazio togliendolo alle macchine e realizzando piste ciclabili. L’obiettivo è avere una massa di ciclisti sempre più grande e dopo si potrà anche pensare che le piste non servano. Dal 2015 è quello che abbiamo fatto: avere più bici, ridurre lo spazio per le macchine, eliminare parcheggi per togliere i vantaggi che hanno avuto per tanto tempo: push and pull, el baston y la zanahoria, il bastone e la carota. Promuovere la bici e scoraggiare le auto. Fare pedonalizzazioni. A Valencia abbiamo 150mila metri quadrati di zone pedonali. Abbiamo applicato quello che viene definito “urbanismo tattico”, come a Time Square, dove si mettono giardiniere e vasi per impedire il passaggio delle macchine.
 
Con la pandemia è cresciuto l’utilizzo della bici ?
Abbiamo avuto dati interessanti sull’uso della bici prima e dopo la pandemia. Prima avevamo moltissimi turisti proprio per via della bici. Mille turisti ogni giorno d’estate con le bici affittate. Poi, con la pandemia, zero turisti, ma abbiamo avuto lo stesso utilizzo della bici se non di più. Da quando abbiamo inaugurato l’anello ciclabile, negli ultimi tre anni abbiamo avuto un aumento in tutta la città del 214% dell’uso della bici. In alcuni punti ne abbiamo più di cinque-seimila al giorno rispetto alle mille al giorno di tre anni fa. Sono molto aumentate le donne, del 39%, perchè la ciclabile dà una sicurezza che prima non c’era e il 15% ha più di 55 anni.
 
Cos’è esattamente questo anello ?
Un anello ciclabile circolare, che gira tutto intorno al centro storico della città, lungo solo cinque chilometri, ma che ha comunque generato un cambiamento quasi psicologico nell’uso della bicicletta. Abbiamo occupato quel che prima era una delle quattro corsie di circolazione delle macchine. Un anello protetto, separato dalla circolazione delle macchine. Un anello protetto, separato dalla circolazione e collegato con tutta una serie di piste ciclabili, come se fossero i raggi di una ruota. In pochi mesi abbiamo raddoppiato l’uso della bici. In tutto a Valencia ci sono 168 chilometri di ciclabili e quest’anno ne faremo altre dieci o quindici. Poi abbiamo metro-minuto, cartelli che indicano quanto impieghi per arrivare in un certo posto in bici e questo incoraggia molto le persone.
Come vedi l’Italia dal tuo osservatorio ?
Dice che gli amministratori non devono avere paura di perdere le elezioni. Ci sono sempre resistenze – fanno parte dell’uomo – ma se si fa un buon progetto, alla fine i residenti apprezzano. E si devono fare; queste riforme vanno fatte all’inizio della legislatura. All’inizio bisogna fare un finimondo. Bologna ha fatto molto e anche Milano. Roma, con una maggioranza così ampia in Consiglio Comunale, avrebbe potuto fare molto di più. Ci vuole più coraggio. Ma anche la Spagna ha questo problema. A Madrid non si sta facendo nulla, al contrario di Parigi che è diventata il simbolo del cambiamento della mobilità.
Cosa muove le persone al cambiamento individuale ?
A Copenaghen la società Copenhagenize ha fatto un sondaggio in base al quale solo il 15% sceglie di spostarsi quotidianamente in bici per una questione di coscienza ecologica. Il 60% la sceglie perchè è più comoda, utile ed efficiente, quindi bisogna spiegare l’utilità e far sì che sia più comodo usarla. In molte città, come Roma, il boom della motorizzazione e lo scarso sviluppo dei mezzi pubblici ha fatto diventare le persone dipendenti dalla macchina.
Cosa faresti a Roma ?
Sul Lungotevere togliere tutta una linea di parcheggi e farei una pista monodirezionale, in un lato e nell’altro. Non sotto al Tevere dove è difficile scendere.
Il clima aiuta a Valencia.
Aiuta molto, anche se chi usa la bicicletta sa che nel Nord Europa, come a Copenaghen, nevica molto eppure vanno in bici. Alla fine si tratta di generare una cultura della bicicletta e di generare infrastrutture di qualità.
 
Ma sono tutti contenti oppure ci sono state anche delle critiche, qualcuno che ti ha accusato di essere troppo radicale ?
Ci sono state molte proteste, ma sono più quelle che vengono da che abita fuori e fa il pendolare. I residenti hanno subito visto la bontà delle misure che hanno migliorato la qualità della loro vita, ridotto l’inquinamento acustico e atmosferico e attratto milioni di turisti. Il mio mandato di assessore è stato riconfermato per la seconda volta, segno che le persone dopo le iniziali resistenze hanno apprezzato le politiche della ciclabilità.