La Bottega del Romeo e altri racconti – di Lorenzo Franzetti – Bolis Edizioni 2015.
Nel libro sono narrate cinque storie di uomini, donne e biciclette, ambientate nell’Italia degli anni difficili seguenti al periodo fascista, fine guerra e dopo, sulle sponde lombarde del Lago Maggiore ma non solo.
Ad Ispra c’è la Bottega del Romeo, all’epoca “poche biciclette e tante speranze“, che è negozio, officina e luogo di incontro e discussioni, frequentata o almeno conosciuta da quei personaggi dei racconti che hanno la passione per la bici.
La bicicletta però non è mai la protagonista delle storie perché sono gli uomini e le donne, e i bambini, con le loro vivide gioie e delusioni, che conquistano l’attenzione del lettore. Le biciclette dei racconti sono semmai uno specchio dove si riflettono le emozioni dei personaggi.
Qualcosa di meno del mirabile prodotto tecnologico dei nostri discorsi di oggi, ma anche qualcosa di più perché quelle biciclette sono della stessa sostanza dei sogni, del mito, del desiderio di libertà, della fatica esistenziale.
Almeno a me così pare.
Nel primo racconto “La bottega del Romeo” una rivalità in amore porta ad una sfida impossibile tra un campione di ciclismo e un giovane fornaio che una bici da corsa non l’aveva mai avuta. Il finale però ci regala una morale semplice ma solida, ovvero quella ” che la fatica unisce. Semm tucc cumpagn. (…) le grandi idee hanno bisogno di gambe di ruote e di qualcosa da mettere nel piatto, insieme agli altri“.
In “Pezzo di motore” il piccolo Guido afferma: “Lavorerò per pagarmela tutta da solo, la bicicletta, lavorerò dopo la scuola”. Tanta determinazione è ispirata da una gara di ciclismo vista con gli occhi di bambino, dalla povertà e dai conflitti politici (descritti in modo breve e vivido), dai racconti dell’amico stagnino, di nome Pino Magnan che appunto entrava nei paesi pedalando sul suo carretto al grido epico di “sono un pezzo di motore!“.
In “Linda e le altre, ovvero come cominciò la rivoluzione” troviamo descritto un mondo lontano ma con un conflitto anche attuale, quello tra il pregiudizio e l’anticonformismo.
La storia ha un ampio scenario geografico: Mons in Belgio, il Giambelino ed il Vigorelli di Milano, Parma, Castelmella di Brescia dove si tenta l’organizzazione della prima gara nazionaledi bici tra donne.
Questo fatto nuovo scatena psicodrammi in madri, padri, benpensanti, potenziali mariti.
“Noi siamo gente di campagna, dove vuoi andare ? Certe idee di progresso lasciale stare, sono robe da donnacce di città“, così si sente dire dalla madre Maria, una ragazza che si allena per partecipare alla gara, spinta da un padre con l’insana passione sportiva.
Ma la gara, tanto avversata, si fa e le partecipanti vincono tutte la sfida della libertà e della fiducia in sè.
Linda di Parma, è così apostrofata dal suo datore di lavoro, il lunedì dopo la corsa: “A me queste baggianate non vanno. Comunisti, femministe e svergognate, alla larga“. Sulla Gazzetta dello Sport infatti il “padrone” ha letto il resoconto della gara e trovato il suo nome nella classifica finale. Ma la reazione di Linda è quella di una donna che ha già guadagnato libertà e indipendenza di pensiero, e questo le basta per andare incontro alla vita con le sue sole forze.
“Surplace” è il racconto in prima persona di un carcerato, anarchico e ladro di banche ma galantuomo (“delinquente è chi fonda le banche, non chi le rapina“), che attraverso la radiolina, entrata in carcere dentro una torta fatta dalla sua donna, segue una sfida al velodromo di Varese e così si gode il pensiero di una libertà conosciuta e, per ora, perduta.
La rapina in banca a Busto Arsizio, i ciclisti conosciuti al Vigorelli di Milano, il periodo passato ad Ispra per sparire una pò dalla circolazione, tutto si mescola nell’affabulazione del malavitoso milanese, che ripone le sue speranze di fuga nella sua donna e in una bicicletta.
Anche nel breve “Aspettando Bartali” c’è un senso di prigionia, quello della vecchiaia passata in ospizio a vivere di ricordi. Ma in questo caso i ricordi sono di lontane ed epiche imprese sportive sulle montagne, e i nomi dei ciclisti (Bartali, Coppi, e gli altri) valgono come quelli degli eroi dell’ Iliade. E nonno Augusto deve essere bravo in qualche modo a raccontare perché suscita nel nipotino Nino la voglia di andarci davvero sulle Dolomiti, a vedere le salite delle imprese ciclistiche.
I racconti di Lorenzo Franzetti raffigurano un tempo passato e lontano, ma le sue storie e i suoi personaggi di cose da dirci ne hanno parecchie.
E’ utile ascoltarle perché non si pedala mai su strade del tutto nuove e che non hanno nulla a che fare con quelle già percorse.
LS