LE STRISCE PEDONALI: OGGI E QUANDO LA VITA ERA “AGRA”

La notizia di pedoni investiti sulle strisce è una delle più insopportabili, per chi non si rassegna a che il traffico sia una giungla dove si rischia la vita.
Ogni incidente è un caso a sè, d’accordo, però semplicemente non dovrebbe mai accadere di essere investiti mentre si sta attraversando la strada secondo le regole.
Noi ciclisti molto spesso usiamo le strisce di attraversamento come i pedoni, quando non abbiamo i “quadrotti” che ci consentono di continuare la pedalata.
Quanti sono gli automobilisti che rispettano l’   Art. 191 CdS ?
Non ancora abbastanza.
Eppure il non rispetto della precedenza dei pedoni è multabile sino a 651 euro, con 5 punti della patente di penalità.
Ma prima ancora di multare ci sarebbe da fare una meritevole campagna di comunicazione per inculcare a tutti gli utenti della strada la conoscenza ed il rispetto dell’art.191, dandosi come obiettivo lo zero nelle statistiche degli investimenti sulle strisce.

Qui sotto è riportato un brano che parla di: Milano – traffico – automobili – pedoni.
E’ tratto da La Vita Agra, (Milano inverno 1961/1962) di Luciano Bianciardi, Feltrinelli 2013.

Lo sguardo del Bianciardi sull’alba del miracolo economico italiano nella città più moderna d’Italia ancora oggi ci riguarda.

Dopo essere stato testimone di un grave evento (il 4 maggio del ’54  morirono 43 minatori per una esplosione nella miniera di Ribolla, in Maremma) si trasferisce per lavoro a Milano e lì osserva – con la diffidenza e il sarcasmo di toscanaccio anarchico – la modernità e il progresso economico che si manifestano – tra l’altro – con i primi supermercati, la motorizzazione di massa, il lavoro in fabbrica.

E’ proprio un sano scetticismo verso il progresso quello che ancora oggi ci serve, per avere la libertà di scegliere e di non essere vittime dell’equivoco che tutto quello che è moderno, tecnologico, rutilante ed ammiccante ci fa del bene.
Equivoco che – ad esempio – ci porta disgraziatamente ad accettare come un destino ineluttabile gli oltre 3.000 morti e 250.000 feriti all’anno per incidenti stradali. (ls)

***

da pagg. 166-168 de La Vita Agra
“Appena fuori c’è il traffico che mi investe. Io potrei dire senza calendario che giorno è, proprio dal traffico. Rabbiosi come sempre, il lunedì la loro ira è alacre e scattante, stanca e inviperita il sabato. La domenica non li vedi, li senti però, dentro le case, indaffarati coi rubinetti, a sciacquarsi sopra e sotto, specialmente le donne, a rifarsi la testa, le labbra, gli occhi.
Poi, dopo la messa rieccoli in branco, stimolati dal digiuno, accecati dalla santità della cerimonia, drogati dalla prospettiva del relax, che si avventano al bar per la pastarella, l’aperitivo, e se hai con te un bambino te lo pestano, te lo fanno piangere. Dal bar vanno all’edicola e comprano anche tre, quattro giornali illustrati, spingendoti di lato coi gomiti, perchè alla mezza devono andare in tavola e hanno premura.
Il traffico astioso delle auto, la domenica comincia nel primo pomeriggio, perchè vanno sempre in branco alla partita. Gli altri giorni sono pericolosi, e chi ha un bambino fa bene a mettergli in testa la paura del traffico, e dirgli attento nini, la macchina ti schiaccia, dai la mano a mammina. Come se fossero lupi, le automobili.
Ma anche i grandi debbono stare attenti, se sono pedoni senza la mutua, perchè se finisci sotto sei fregato. Se finisci sotto fuori dalle strisce, loro non hanno da pagarti una lira, anzi sei tu che gli paghi il danno eventuale, il vetro del finestrino rotto, lo sporco del sangue sui sedili, un’ammaccatura al cofano, l’incomodo, il tempo perso, perchè loro hanno sì l’obbligo di non omettere il soccorso, ma poi te lo fanno scontare, tanta benzina dal punto del sinistro all’ospedale, tanto dall’ospedale al posto dove avevano la commissione, un appuntamento mancato, un affare andato a monte per colpa tua. Loro hanno gli avvocatoni, e tu sei solo. La paghi anche se finisci sotto al passaggio zebrato, perchè nell’urto è quasi sicuro che tu vai a cadere più in là delle strisce, e loro possono sempre dire, e dimostrare con gli avvocatoni delle assicurazioni, che è stato fuori, l’investimento. Conviene traversare sulle strisce, ma tenendoti al margine più vicino alla parte da dove arriva il traffico, così sei un poco più sicuro di cadere nel passaggio, e i danni te li pagano, anche se penalmente non gli costa più di un quattro mesi con la condizionale.
E al bimbo, se ce l’hai, mettigli bene in testa la favola del lupo-automobile, anche a costo di far diventare lupo lui, che desideri la macchina per schiacciare gli altri, da grande.
(….) Anche Vittorio, uomo mite e civile e pacioso, di poche tenui parole, appena ha in mano il volante diventa una belva, è come se si fosse chiuso in una scatola di rancore. Lui crede, perchè l’ha letto, e io so dove, d’avere allargato, con l’auto, la sua cerchia di libertà oggettiva, di essere uomo libero da piazza del Duomo fino al mare della foce, e invece è lì, chiuso fa le lamiere, sordo alle tue parole, ostile al prossimo suo.
In fondo Vittorio si è ridotto peggio dei giovinastri bauscioni che passano la domenica correndo fino al grill dell’autostrada del sole, dove il sole non c’è mai, e se anche c’è nessuno se ne accorge, e anzi gli dà noia.