Si può improvvisare una mini-ciclovacanza in Valle d’Itria e tornare a casa “felici e contenti” ?
Sì, si può, e ve lo racconto qui in poche parole e qualche foto.
Siamo partiti all’alba di una mattina di luglio, io e mio figlio Andrea, in treno dalla splendida Termoli. Cambiando a Foggia e Bari abbiamo preso in tutto 3 “Regionali”, quelli con trasporto bici gratuito. Su questi treni abbiamo notato un bel viavai nel vagone per bici, e incontrato pittoreschi personaggi. A noi un simpatico sosia di Renzo Arbore ha raccontato buona parte della sua avventurosa vita.
Siamo arrivati a metà mattina alla stazione di Ostuni. L’idea era quella di visitare subito la famosa “città bianca”, ma non dovendo rispettare un programma (l’improvvisazione di cui in premessa) abbiamo optato per un più attrattivo e apparentemente facile giro sulla costa. Ed intendo costa in senso stretto: cercando per chilometri un sentiero che non c’era, attraversando calette e spiagge e tratti di macchia ci siamo trovati in mezzo ad un esteso villaggio privato, Rosa Marina. Quando siamo usciti dal cancello d’ingresso ufficiale, con la flemma di pacifici intrusi, le tre guardie giurate non hanno potuto far altro che guardarci “strano”.
Ci siamo goduti ancora il mare, il vento, una bibita sorseggiata con calma ad un chioschetto.
Poi ho cominciato a cercare per telefono l’alloggio per la sera, avvalendomi della guida Albergabici. Ho trovato posto al Trulli Gallo Rosso, a Martinafranca. Non era la prima scelta per vicinanza, però ho giudicato fattibile il percorso da fare.
Quello che avevamo evitato al mattino, la salita, lo abbiamo affrontato quindi al pomeriggio, per salire sino a Cisternino. Lì Andrea era già in “riserva”, ma Martinafranca a soli 10 km (pensavo). Poi però forature, errori agli incroci, una statale molto trafficata (a proposito: da quelle parti le auto suonano sempre il clacson ai ciclisti, a“ prescindere”), hanno intaccato il morale. E quando a sole ormai calato un ciclista da noi incrociato ci ha dettto che al Trulli Gallo Rosso mancavano ancora 10 km, perché più vicino a Noci che a Martinafranca, il morale si è proprio …. sgonfiato !
Arrivati, finalmente, a notte fatta, Hugo ci ha accolto al meglio, non solo comprendendo la critica situazione “psicologica e fisica” ma anche mettendoci a disposizione nella veranda una cenetta di squisiti prodotti locali. Andrea però è stato male di stomaco ed è andato a letto senza toccare cibo. Io invece, accantonato momentaneamente il senso di colpa per aver troppo “tirato il collo” a mio figlio con i 90 km della giornata (il brutto dell’improvvisare ..), ho mangiato con gusto anche la sua parte.
Il mattino dopo Andrea si è alzato in discreta forma benchè digiuno, non si sa attingendo a quali energie misteriose: effetto trullo o fattore “adolescenza”, chissà. Dopo ottima colazione e saluti calorosi con Hugo, che ci fornito di frutta fresca e preziose mappe per cicloturisti (peccato lasciare il bellissimo trullo) siamo partiti per Alberobello, a soli 8 km di strada campestre, i cui vicoli, piazze, musei abbiamo visitato con tutta calma, scegliendo infine con cura la trattoria dove pranzare.
Ripartiti presto sfruttando il fresco di un temporale vicino ma non troppo, una comoda e tranquilla ciclabile tra campi di ulivi, trulli, muretti di pietra, che in 10 km ci ha portato a Locorotondo.
Anche qui ammiriamo il panorama, visitiamo il borgo di case bianche e ben tenuto e “merendiamo” senza alcuna fretta.
Poi di nuovo ciclabile in mezzo a campi trulli e masserie, altri 10 km dotati anche di fontanelle per l’acqua (!), torniamo sino a Cisternino, il giorno prima solo sfiorata, e quindi spinti anche da curiosità di turisti (improvvisati, vabbè, si è capito) non soddisfatta.
Qui prendiamo una stanza in un moderno albergo, di quelli adatti alle cerimonie, poco fuori il paese.
Scopriamo che Cisternino, anch’essa in posizione “alta” rispetto alla Valle d’Itria è famosa per la gastronomia a base di carne; però notiamo girovagando anche un bel localino vegano (viva il pluralismo!). Percorriamo e ripercorriamo vicoli, ed in uno di queli più reconditi incrociamo anziane signore che ci apostrofano, perchè calpestiamo il selciato che stavano lavando, in dialetto stretto a noi del tutto incomprensibile. Con Andrea ci interroghiamo sul senso del loro messaggio, per precauzione comunque non ripassiamo di lì. Ceniamo e poi ci tratteniamo in una birreria ben frequentata. Notiamo una lapide che ricorda come l’acquedotto, arrivato circa un secolo fa, ha sconfitto morte e malattie endemiche.
Il giorno dopo partenza di buon mattino, naturalmente dopo lauta e fondamentale colazione (si può improvvisare una ciclo vacanza, ma la colazione per chi pedala deve essere certa e abbondante, come per Tex la bistecca alta tre dita con la montagna di patatine fritte.).
E’ tutta discesa, si torna sulla costa. Cerchiamo e percorriamo la ciclabile Traiana, che ricalca l’antica via romana ed è una tranquilla strada in mezzo ad ulivi secolari, di forme e dimensioni mai viste, ogni tanto imponenti masserie. Esploriamo un po’ la marina (Torre Canne), poi raggiungiamo la stazione di Fasano e aspettiamo il primo regionale. Le tappe sono quello dell’andata però con più attesa per i cambi. Così visitiamo Bari: il lungomare , la città vecchia, S. Nicola, corso Sparano e per pranzo io e Andrea decidiamo per due pizze S.Marco (salmone con fette di limone). A Foggia invece traccheggiamo nella frescura della Villa Comunale.
A Termoli, lasciata all’alba di due giorni prima, arriviamo al tramonto e chiudiamo in bellezza una ciclovacanza che – anche se per nulla preparata a tavolino – ci ha permesso di incontrare persone e luoghi indimenticabili.
leonardo s.