SVIZZERA, CICLABILE n.3

La ciclabile  no. 3, che taglia la Svizzera da Sud a Nord (da Chiasso a Basilea, una delle nove di carattere nazionale ): dal 13 al 16 agosto 2022 l’ho utilizzata per fare un viaggio treno+bici+bus da Varese a Friburgo in Germania e ritorno.
Esperienza molto positiva.
Non ho impostato il Gps per farmi da guida, affidandomi alla segnaletica, e consultando la traccia sullo smartphone solo per ritornare nel percorso giusto in occasione dei (pochissimi) errori. Ho registrato i tre tragitti su Wikiloc.
E’ andata così:
 
13 agosto, sabato.
Partenza da Varese in modalità bikepacking e in spalla uno zaino da montagna, leggero. Prendo il treno delle 5:00 Varese-Biasca (CH). Poi cambio treno: Biasca – Airolo, che distano solo 40 km, ma con 1000 mt di salita che ho preferito “risparmiarmi”, per prudenza. Su questo secondo treno, un interregionale, salgono 5 ragazzi e una ragazza, con divisa militare e zaini, ed è il primo approccio con la svizzera “nazione” . Notoriamente neutrale, pacifica, ma che appare anche preparata, organizzata, pronta ad attivarsi all’occorrenza. Il tema guerra-pace farà parte del mio viaggio, come capirò in vetta al S.Gottardo e poi nelle città svizzere, dove spesso troverò le bandiere della pace appese alle finestre.
 
Ad Airolo scendo alla stazione, il tempo di uno sguardo intorno a me per ambientarmi e comincio la salita al Passo del Gottardo, che significa raggiungere 2106 m slm dai 1175 di Airolo. La “Tremola”, così è chiamata la salita perchè in alcuni tratti ha il pavè che scuote i veicoli, bici comprese. E’ il percorso originario per il passo, che sale da sud a nord. Oggi esiste il tunnel ferroviario, quello autostradale, la strada alternativa, per cui è utilizzata solo per il divertimento dei ciclisti, dei motociclisti,  degli amanti del paesaggio.Salgo al mio ritmo, per un po’ sono fianco a fianco di una ragazza del luogo, in uscita di allenamento. Verso la vetta, ai lati della strada, ci sono camperisti accampati, a godersi il mattino sorseggiando una bevanda. Ci salutiamo con un cenno della mano. Man mano che si sale si gode la visione dei numerosi tornanti, e dall’ alto, vedo un ciclista salire a ritmo più veloce del mio.  Dico a me stesso  “però sarò io il primo ad arrivare al passo” , e così va.  Soddisfatto, mi concedo la prima colazione consumando uno dei paninetti miele e formaggio e una delle mini Coca in lattina da 150 cc, che rappresentano la mia scorta alimentare per oggi.
Leggo da cartelli turistici che qui gli svizzeri hanno dismesso strutture militari difensive solo da pochi anni. Erano infatti pronti a chiudersi rispetto ad eventuali aggressioni dall’Italia, temute in particolare ai tempi del regime fascista. Il canton Ticino per un periodo fu sotto il controllo dei Visconti e degli Sforza, poi territorio svizzero dal 1515.
 
Il valico segna anche la fine del tratto “tranquillo”. La discesa, che entra nel Cantone Uri di lingua tedesca,  coincide in gran parte con la strada per le auto, ma è molto apprezzabile la segnaletica dedicata ai ciclisti. Si vedono segnalati anche percorsi locali, per MtB, ma il 3 “nazionale” è comunque indicato ad ogni svolta e incrocio. Andermatt la raggiungo senza fatica, e incontro la carrozza trainata da 4 cavalli, ad uso turistico che sale al Gottardo. Più avanti si pedala vicino al fiume Reuss, di un particolare colore grigio-celestino, e all’autostrada. Qui trovo un curioso auto-bici-grill: dal lato autostrada serve gli automobilisti, dal lato ciclabile accoglie i ciclisti !
Passando da Erstfel si arriva facilmente a Fluelen sul lago dei 4 cantoni (Vierwaldstättersee). Qui il clima è estivo, molto piacevole, il lungolago è frequentato e accogliente. La ciclabile prosegue offrendo bei panorami, ma alcuni tratti sono in galleria in corsia bidirezionale, rialzata rispetto alla sede stradale ma non protetta da cordoli. Chi va verso nord, come me, si trova vicino alle auto che arrivano in senso contrario. Un brivido mi passa per la schiena, ma mi dico “siamo in Svizzera, se hanno deciso così funziona sicuramente, vai tranquillo”.  Ovviamente accendo le mie luci, fronte e retro, e sto con occhi, e orecchie, in massima allerta.
 
Quando trovo il cartello “strada pericolosa per i ciclisti, si consiglia treno o traghetto per il tratto Sisikon-Brunnen”  accetto volentieri il consiglio. Mi dico:  “siamo in Svizzera, se dicono così un buon motivo ci deve essere”. Anche perché è l’ora di pranzo, il treno alla stazione di Sisikon è previsto in arrivo a breve, ho già pagato il biglietto giornaliero per la bici  e acquisto al totem quello per la persona. Così attendo, faccio fuori altro paninetto e una mini Coca, poi in pochi minuti di treno raggiungo Brunnen. Qui riprendo il piacevole percorso lungolago, alla ruota di una biondina svizzera con bici da città ma buona gamba, sino all’attracco del traghetto che da Gersau porta ad Oberdorf, sulla sponda opposta del lago.
 
Sul molo fila ordinata di ciclisti e automobilisti. Il biglietto costa una banconota di 10 euro, accettata al posto dei franchi, è venduto a bordo, durante la traversata da un ragazzo con ricevutario e cappellino di ordinanza. Passeggeri una trentina, di vario tipo ma tutti all’apparenza in giro per turismo.
Si sbarca ordinatamente (ovvio) ad Oberdorf e da qui mancano una quarantina di km a Lucerna: il gruppo di ciclisti si allunga e si disperde lungo la N3.
Alla periferia di Lucerna arrivo verso le 17, piuttosto stanco. Mi fermo presso un parco lungolago, con porticciolo, dove alcuni prendono il sole, altri vanno in sup. Mi sdraio su una panchina e attingo alla mia dotazione di scorta alimentare.
L’ingresso in città è facile e il lungolago molto piacevole, ma il mio ostello è in un quartiere di periferia, più interno, e ci metto un po’ a trovarlo. E’ un piccolo youth-hostel, gestito da una famiglia orientale, tutti gentili,  mi spiegano come funziona l’ospitalità e mi mettono a disposizione un locale chiuso per parcheggiare la bici. Ho un posto in una stanza con due letti a castello. Al mio arrivo  tutti i posti letto sono liberi: ne scelgo uno “sotto”,  doccia e poi sono pronto per il centro, che raggiungo in pochi minuti di lieve discesa. A Lucerna sono già stato, ma una vita fa, in una  fugace visita dell’estate del 1982. Cerco e percorro il famoso ponte in legno, all’inizio lo confondo con l’altro ponte, meno bello, non distante. In giro tanti turisti, tanti indiani e/o pakistani. Lungo la via un tizio è fermo in un angolo a cantare “Svalutation” di Celentano (canzone degli anni 70) e poi anche Bella Ciao. Ci sono molti negozi, auto di lusso sgommano ai semafori, non so dove cenare, poi opto per un locale vicino ad una chiesa, molto affollata per un meraviglioso concerto di organo, e mi limito ad una zuppa di legumi, birra e un dolce. “Soltanto questo ?” indaga la cameriera. Ha intuito che voglio tenere un equilibrio tra budget e necessità di calorie ? E comunque:  “My secret ? Panini formaggio di capra e miele varesini  con CocaCola !” .  Mica thè senza zucchero  …
Poi a letto presto ma la stanza alle 22 è al completo: una giovane coppia se va alle 3 di notte, con gran baccano; resta un ragazzo di Cardiff dai capelli rossi con il quale scambierò al mattino dopo qualche parola: è lì per fare camminate in alta quota, è uno sportivo, apprezza molto il sistema dei trasporti svizzero ma finiamo a parlare dei costi delle case a Lucerna; non so bene perchè, visto che l’argomento non mi interessa per niente …
 
14 agosto, domenica.
La “nazionale 3” esce da Lucerna da quartieri residenziali, attraversa paesini del circondario e sfiora un piccolo aereoporto. Commetto qui uno dei pochi errori (sbaglio un bivio) del viaggio, ma l’altimetria non è un problema. Costeggio il Sempachersee, lago di scarsa bellezza, senza difficoltà. Sursee è una cittadina graziosa, si potrebbe piacevolmente sostare in un bar pasticceria. Percorso facile e un po’ monotono, molto è “gravel” e all’ora giusta mi imbatto in un centro sportivo dove si svolge un torneo di calcio di ragazzi.
Così decido di guardare un po’ di partite mentre faccio  colazione (bicchierone di latte, 3 grandi brioches, Coca-Cola). Vorrei pagare con la carta Maestro, ma la signora di mezza età del bar mi sibila, con sguardo torvo, un “nein” che mi obbliga a rovistare tra marsupio e tasche per recuperare il biglietto da 20 franchi prelevato a Lucerna la sera prima.
Dopo però mi concede un “danke” sorridente, quando riporto al banco il vassoio vuoto, ben attento a lasciare pulito il tavolo: siccome indosso una maglietta  con bandierina dell’Italia e dell’Europa, ci tengo a difendere la reputazione con gli svizzeri-tedeschi ….
Ad Aarau sosta interessante: passeggio per la città, trovo un locale di specialità italiane di nome “Al solito Posto”, una chiesa protestante dove un pannello didattico riporta lontane vicende di persecuzioni religiose e guerre civili ed emigrazioni forzate connesse, che coinvolsero anche i valdesi del Piemonte verso la fine del 1600. Riprendo la via non approfittando di una interessante piazza dedicata allo street-food, costeggio un canale che, a occhio, serve per il raffreddamento della una centrale nucleare li vicino: molti si lasciano trasportare dalla lieve corrente aggrappati a galleggianti di forme fantasiose.
Ancora non mi sono reso conto conto che per passare nel bacino idrografico del Reno mi aspetta una salita davvero impegnativa. Nel primo tratto sono in “competizione collaborativa” con un altro cicloturista direi coetaneo (poi lui ha mollato per mangiarsi un panino). La strada sale in una zona rurale, anche boschiva in alto ma prima incrocio una  stalla con bandiera svizzera e – per me – sorprendente ventilatore gigante per tenere fresche le mucche !
Basilea non è lontana: mi piace attraversare la sua periferia, c’è anche una festa campestre con musica e grigliate. Mi fermo a riempire la borraccia ad una fontana dotata di vasca grande ma soprattutto lunga dove si potrebbe stare a bagno: e infatti alle porte di Basilea troverò un tizio in ammollo in costume da  bagno  dentro una fontana molto simile !
L’arrivo in città è in prossimità del polo sportivo di S.Jacob, lo stadio dove gioca il Basilea FC. Rimango sorpreso dalle bici parcheggiate fuori dallo stadio a centinaia, a dir poco.
Ma l’avventura urbana è solo all’inizio, perchè Google Maps non funziona e la mia meta è lo Hyve Hostal vicino alla stazione dei treni. Solo che mi sbaglio perchè a Basilea ci sono 2 stazioni dei treni, la svizzera e la tedesca e naturalmente punto su quella sbagliata.
Mi oriento alla vecchia maniera, chiedendo in inglese in quest’ordine: netturbino tedescofono (mi manda in direzione sbagliata), autista del bus che parla in italiano ma dialetto meridionale (idem),  una coppia a passeggio col cane: lui simpaticissimo e fluente in tedesco come se lo capissi, la signora in italiano (accento francese) mi aiuta a rimettermi sulla retta via e nella breve conversazione dice di conoscere Varese perché il figlio pratica il canottaggio.
Poi ci saranno: mediorientale gestore di una tabaccheria  che mi suggerisce di seguire il bus 30 che sta passando in quel momento, italiana di Roma che interpello  in inglese (ma mi “sgama” subito), coppia del Bangladesh con borsa della spesa e lui finalmente mi dice, “turn right and you are arrived”
 
Però alla fine si può ben dire che “niente di ciò che vale è facile da raggiungere “: l’ostello è un gioiellino di design, ed è anche cohousing, coworking, ha locale per bici spazioso, un cortile all’aperto e una biblioteca al piano terra. Siamo sei in stanza, in tre letti a castello messi in modo da garantire una certa privacy. Nella serata vago per la città, incrocio un giovane cicloturista francese che fa la “ciclabile nazionale est-ovest” e mi chiede si scattargli una foto davanti alla Cattedrale.  Apprezzo l’eleganza delle vie, dei negozi degli edifici pubblici di Basilea. Ceno in un locale nella piazza adiacente alla stazione, e ci metto un po’ a capire che è un self service e che è vegano. Si paga a peso: riempi il piatto che poi sarà pesato alla cassa. Si chiama Tibits  ed anche questa, come l’ostello, si è rivelata davvero un’ottima scelta.
 
15 agosto lunedì –
Colazione ottima e a prezzo ragionevole all’Ostello, partenza senza fretta perchè oggi la tappa è breve e pianeggiante. In strada, la Gempenstrasse,  una vera zona 30 svizzera, con diverse bandiere della pace alle finestre degli appartamenti – c’è una scuola elementare e si sta preparando una piccola cerimonia: bambini in corteo che portano ciascuno un girasole (Sonnenblumen). Mi fermo ad osservare e poi di ottimo umore – anche per questa imprevista manifestazione – torno in centro e passeggio nella piazza della Cattedrale, e ammiro le bici cargo che sfrecciano. Poi mi decido a salire sulla mia bici per prendere la ciclabile lungo il Reno, ma alla fine della breve discesa asfaltata che porta verso il fiume mi imbatto in due vigili, e il più giovane mi blocca, mi mostra il cartello che indica: “bici solo a mano” e in inglese mi dice sono nella situazione di prendere una multa ! Io, più che l’inglese, uso il linguaggio del corpo e la faccia contrita per dire quanto mi dispiace. “Vabbè per questa volta chiuderò un occhio, ma il rispetto delle regole è importante” dice lui in inglese. “Thank you, I totally agree with you”, e mi allontano alla svelta, seguendo la segnaletica verso nord.
Il lungofiume è un luogo piacevole e silenzioso: alcuni corrono, una ragazza fa yoga. Su un ponte che prendo per andare sulla riva destra è segnalato il punto di confine tra ben tre nazioni: Svizzera, Francia, Germania. Si torna in area euro, finalmente.
Qualche incertezza ce l’ho, mi allontano un po’ troppo dal fiume, ma il reticolo di ciclabili esistenti e la scarsità di traffico danno tranquillità.
Il paesaggio è agricolo, avvicinandosi a Friburgo ci sono colline coltivate a vigneti.
Faccio sosta a Bad Krozingen ma decido che mi concederò il pranzo principale a Friburgo, ormai vicina.
Arrivo in città e attraversato il fiume mi trovo nei pressi dell’Università e della sua moderna bibilioteca: un poliedro irregolare tutto vetri di colore nero, chiamato appunto “il diamante nero”.
Nella piazza della cattedrale, individuo una locanda con tavoli all’aperto ma … come mi siedo arriva vento e poi pioggia, all’interno posto non c’è, quindi mi tocca alzarmi e – senza mangiare e trovare un riparo. Passato il temporale raggiungo l’ostello, un edificio vecchiotto e pittoresco.
Mi sistemo in una stanza grande, da 8, questa volta niente letti al castello e faccio la doccia in una sorta di piccolo silos metallico. Pratico ed igienico, penso.
La pazienza di digiunare è ben ripagata, dopo, verso l’ora ormai di merenda. Infatti torno nella locanda di cui sopra e mi concedo un pasto completo e più che abbondante, e ho la comodità di scegliere da un menu scritto in italiano: la fatica del viaggio, l’attesa, l’entusiasmo di essere arrivato alla fine del breve viaggio e quello di trovarsi in una città-simbolo per i ciclisti urbani, sono tutti corroboranti per il mio appetito.
Poi mi dedico alla visita della città di Friburgo, sia per quel che resta di oggi 15 agosto sia la mattina dopo: le sue chiese (una organista che prova dei pezzi nella St.Martin Kirche), le piazze, con la Rathausplatz presidiata dai Fridays For Future (ma gli insegnanti, non i ragazzi), le strade libere dalle automobili, il ricordo della Sinagoga attaccata e distrutta nel 1938 ovvero un modellino in scala nel luogo dove sorgeva,  i tipici canaletti lungo le strade ma privi di acqua (credo causa siccità). Ritrovo i Sonnenblumen dedicati alla Madonna Assunta nella cattedrale che, nella Munster Platz, è circondata da un delizioso mercatino di fiori e frutta e dove compro Bratwurst e Apfelschorle (panino con wurstel e succo di mela gassato) anche se inizialmente pensavo di far pranzo con mele e mirtilli.
Approfitto del libero accesso alla biblioteca dell’università per vedere dall’alto gli edifici vicini e lo spettacolo delle Fahradstrasse e fare delle foto.
Esploro il ponte sulla Ferrovia e il grande Parcheggio per bici a forma di mini-colosseo, con bar e locali nella parte superiore.
E alla fine, alle 13:30 del 16 agosto anche il bus di Flixbus fa la sua parte in modo impeccabile: nel luogo e all’ora prevista, condotto da due autisti parlanti in stretto dialetto napoletano, si presenta con il portabici a tre posti nella parte posteriore, nel quale la mia Trek CX Crockett resterà saldamente appesa fino all’arrivo serale a Milano.
Leonardo Savelli