NOTTURNA: da VARESE a MILANO

“L’essere umano ha sempre avuto paura del buio. Non è un animale notturno, non lo è mai stato, e anche se nel corso dei secoli ha più o meno addomesticato la notte e l’oscurità è restato un essere diurno, rassicurato dalla luce, la luminosità e i colori vivaci. Fin dall’antichità i poeti, seguendo l’esempio di Orfeo, hanno cantato la notte, “madre degli dei e degli uomini, origine di tutte le cose create”, ma i comuni mortali ne hanno avuto a lungo paura: paura dell’oscurità e dei pericoli che vi si nascondono, paura degli esseri che vivono e si aggirano nel buio, paura degli animali il cui pelo o il cui piumaggio sono del colore delle tenebre, paura della notte, fonte di incubi e perdizione. Non c’è bisogno di andare alla ricerca di archetipi per capire che queste paure vengono da lontano, da molto lontano, da epoche in cui l’uomo non sapeva ancora come padroneggiare il fuoco e con esso, in parte, la luce.”(1)

Gigio, Fabrizio, Leonardo, Nando, Carlo, Virgilio, Alessandro, Massimiliano, Enrico, Patrizia, Elena e Anna: in 12, alcuni varesini altri milanesi, la notte tra 1 e 2 giugno abbiamo condiviso la Notturna Varese – Milano. Ognuno, di sicuro, con un suo rapporto personale con la notte, ma formando un gruppo reso coeso dall’essere ciclisti nel buio della notte. L’abbiamo presa larga, da Varese a Schiranna e poi a Gavirate lungo la ciclabile, ma i cicloturisti spesso preferiscono la strada più lunga.
Va detto che il buio totale non l’abbiamo mai trovato: sempre qualche luce di casa o di strada o di fabbrica è stata nel campo visivo. Anche gli aerei di Malpensa di notte non dormono. Però con l’oscurità anche le strade note sembrano più lunghe e quelle meno conosciute inducono un po’ d’ansia e qualche piccolo errore di percorso. Ma arrivati a Sesto Calende verso mezzanotte ci siamo concessi il primo caffè con muffin al pistacchio (grazie a Nando e Patrizia), cui seguirà alla Madonna del Binda, verso le 2.30, thè, altro caffè e dolcetti (grazie a Gigio e altri). Da Sesto sino a Milano la presenza della massa di acqua del fiume e del canale è stata a volte silenziosa e completamente oscura, a tratti gorgogliante e frusciante e con flebili riflessi di luce. La luna, a metà circa del suo ciclo, ci ha fatto buona compagnia sin oltre le 2. Davvero rari gli incontri di persone: qualche pescatore e Lorenzo, che abbiamo appena intravisto ma poi lui ci ha rintracciato sul web e scritto queste belle righe. Di notte si ha l’illusione di essere pochi in uno spazio grande e allora scaturisce, complice l’esser ciclisti, un senso di fratellanza. Il ciclista notturno: una nuova specie o solo una variante (appena un po’più curiosa del mondo) del cicloturista ?
La crisi, almeno per me, è arrivata tra le 4 e le 5: bisogna non domandarsi se quello che fai ha senso e pedalare un po’ discosti dal ciglio del naviglio (non si sa mai …). Ma addormentarsi mentre si pedala secondo me non è possibile. Sulla durata delle soste non tutti avevamo la stessa opinione, anche sentir freddo e umido è dipeso dalle scelte di abbigliamento. Quando la ciclabile prende direzione Milano, con una svolta a sinistra che segue il naviglio, nel cielo c’è già chiarore. Il Naviglio Grande generosamente rilascia acqua ai campi del Parco Sud Milano: una ricchezza per i tempi antichi, ma da non sottovalutare nemmeno ai tempi d’oggi.
Quando arriviamo a Milano la città è già sveglia, o forse è appena andata a letto. Siamo tutti d’accordo che cappuccio e brioche (magari più di una) è un premio che ci meritiamo dopo 110 km e oltre 6 ore di pedalare, e in Via Torino troviamo un locale giusto. “Street food” dice una scritta, ma anche senza scomodare l’inglese ci si poteva capire benissimo.
E Milano è per me anche una bella ragazza dal passo svelto che fermiamo e che con grande gentilezza accetta di farci la irrinunciabile foto di gruppo con il Duomo sullo sfondo. Adesso inizia la giornata: il gruppo si scioglie, ognuno farà da sè i conti col proprio bioritmo, ma per un po’ rimarrà in ciascuno una piacevole sensazione di complicità.
leonardo s.

(1) M.Pastoreaud – Nero, Storia di un colore – Ponte alle Grazie – 2016