Brevi note di un viaggio in bici nel cuore della Svizzera, di soli tre giorni e di circa 300 km, con ritorno in autobus (più treno).
Varese – Bellinzona, 62 km (dislivello positivo 650 mt), 14 agosto
La Svizzera è il cuore dell’Europa ma resta un po’ esotica e per chi abita a Varese è una tentazione della “porta accanto”. Venerdì 14 agosto parto da casa con bagaglio sufficiente per pedalare sino a Zurigo. Avrei voluto usare il Tilo (treno che collega Malpensa a Biasca) per guadagnare un po’ di chilometri, ma in questo agosto 2025 non è in servizio per lavori sulla linea. Poco male, si tratta di percorrere strade note che portano al Lago Ceresio (o di Lugano), in una bella mattina con traffico calmo e diversi ciclisti sportivi in giro. A Ponte Tresa sosta per un prelievo di contante (ma non mi servirà), poi attraversamento del confine e strada normale sino ad Agno, dove finalmente prendo la Ciclovia Nazionale no.3, che nel 2022 avevo percorso fino a Basilea. All’inizio si costeggia l’aeroporto, poi un corso d’acqua minore, qualche zona industriale, un po’ di bosco, in qualche punto la ciclovia si affianca a una strada a scorrimento veloce. L’autostrada si vede solo da lontano. L’unico dislivello si presenta prima di arrivare nella pianura alluvionale del Ticino, a nord del Lago Maggiore. Qui si estendono coltivazioni rigogliose ed ordinate, attraversate da strade diritte e senza traffico. Il navigatore non serve, la ciclovia è ben segnalata. Bellinzona si presenta al 62esimo chilometro da Varese, in posizione che, nei secoli scorsi, era strategica dal punto di vista militare. Sovrasta la città una lunga cinta muraria difensiva, ora integrata in un tessuto urbano accogliente. E’ presto, mi prendo il tempo che mi serve per rifocillarmi e guardarmi intorno.
Poi mi metto in cerca dell’ ostello Montebello, ai piedi dell’omonimo castello, dove ho prenotato, e lo trovo facilmente. Sono accolto con cordialità, c’è una stanza dedicata al deposito bici (Veloraum). L’ostello è ospitato in un edificio di 5 piani, già scuola e ospedale militare. Mi sistemo nel mio letto una stanza da 8 posti. Situazione talmente tranquilla, nonostante la vicinanza alla linea ferroviaria, che un pisolino viene spontaneo. Dopo ho tutto il tempo per percorere a piedi il sentiero verso il castello, di cui visito il museo archeologico. Da lì un passaggio pedonale porta in centro città e risale al castello Grande (S.Michele): con il castello di Sasso Corbaro e quello di Montebello è ora patrimonio Unesco. Sino al 1500 era un sistema difensivo creato dai Ducati di Como prima, e Milano dopo. Dal XVI secolo la città diventa parte della confederazone dei XII cantoni, e dal 1803 del Canton Ticino.
Il centro di Bellinzona ha negozi eleganti (bella la vetrina della libreria Taborelli), un angoli di giochi acquatici per i bambini, un palazzo comunale dotato di un bel cortile.
La cena, per me, è una bella pizza alla romana.
Bellinzona – Coira, 131 km (dislivello positivo 2.460 mt), 15 agosto
Partenza prima delle 7, ma il Bar “al Porto” davanti alla Stazione dei treni, non apre prima delle 7:00 in punto. Poco avanti una segnaletica completa delle ciclovie a nord della città conforta la mia partenza. Si tratta di proseguire, ma non per il S.Gottardo, e nemmeno per il Lucomagno, bensì tra pochi km di svoltare a est, per salire al valico di S.Bernardino a quota 2.066 mt slm seguendo la Ciclabile Nazionale no.6. E’ questa l’unica tappa davvero impegnativa, per il dislivello più che per la lunghezza, di cui ho bene in mente distanze e altezze. La prima parte di salita, per 30 km circa, è dolce e sul tracciato di una ex ferrovia. A Mesocco, e già siamo nei Grigioni, c’è un raduno di trattori d’epoca. Poi dalla strada ci si sposta su una mulattiera asfaltata, che interseca con sottopassi e ponti la carrabile, e da cui si intravede la superstrada.
Arrivo al villaggio di S.Bernardino, dove è in corso la festa di ferragosto, ma si fermo brevemente perchè il valico è 8 km più avanti, e 400 mt più in alto. Non sono per me una passeggiata: bevo tanto, vengo superato agilmente da persone più giovani di me, oppure dotate di pedalata assistita, per non parlare delle poche – ma fastidiose – moto e auto. Comunque al valico ci arrivo e mi prendo il meritato riposo, e il tempo per mangiare ed osservare. Bivaccano po’ di gitanti e marciano giovani in divisa, ragazzi e ragazze, evidentemente impegnati in una esercitazione militare. Gli eserciti che non fanno la guerra – ma solo esercitazioni – mi fanno simpatia.
La discesa è godibile e fresca: Nufenen, Splugen, Thusis. Boschi, prati, gole strette e cascate d’acqua. Facile, ma lunga. E per seguire il percorso più bello, verso Coira, in mezzo a campi e boschi, si deve fare un po’ di saliscendi.
A Coira ci arrivo seguendo la ferrovia, poi mi imbuco nel sottopasso della moderna stazione per arrivare nel centro storico. Qui mi aspetta l’ostello che una volta era un carcere: il Bogentrakt . Bello l’esterno, mentre l’interno un po’ di cattivi pensieri li mette: le porte blindate a codice numerico, soprattutto. Sono in una stanza da 2 letti a castello, mi tocca uno dei due posti in alto (molto in alto, accidenti !) e uno dei compagni di stanza, forse un po’ claustrofobico chiede di poter tenere aperta finestra e porta … vabbè. Comunque anche qui l’accoglienza è molto cordiale. Il parcheggio bici è un optional a pagamento: tariffa ragionevole, ci sto. Per un recupero accettabile mi è assolutamente necessaria una birra davvero abbondante. “Per il cibo vedi tu, ma la birra – per favore – portamela prima che puoi … ” dico in inglese al ragazzo del locale che scelgo tra i tanti del centro storico.
Coira – Zurigo, 129 km (dislivello positivo 650 mt), 16 agosto
Al mattino presto, mentre tutti dormono, fuga da Bogentrakt poco dopo le 6. Con la combinazione numerica, che sblocca la chiave della “veloraum”, recupero la bici ed esco silenziosamente dalla fortezza alla ricerca della colazione. Anche a Coira, come a Bellinzona, c’è abbondanza di fontane civiche ed il tema del ciclo dell’acqua in città è oggetto di discussione pubblica. La tappa inizia con la Ciclovia Nazionale no.2, il percorso del Reno. Si pedala che è un piacere in pista pianeggiante, spesso diritta, ben disegnata, prevalentemente su asfalto ma anche su gravel ben tenuto. Mi fermo ad osservare un campo di atterraggio di parapendio. Lo scorrere placido del fiume dà un ritmo pacato a tutto. E’ quasi un dispiacere dover ad un certo punto abbandonare la no.2, lungo il Reno, perché per arrivare a Zurigo mi aspetta la no. 9 (dei Laghi) a Sargans e dopo la no.66, a Rapperswil. L’idillio del paesaggio agricolo e poi del lago lungo e stretto, il Walensee, è interrotto da un intenso temporale, che si vede chiaramente arrivare da nord. Peccato perchè la ciclabile che costeggia il lago è divertente, con gallerie e passaggi a sbalzo, su lago e ferrovia, davvero particolari. Sosta obbligata, quindi, in un tratto di galleria, dove però una corrente d’aria fredda mi induce a ripartire prima che sia spiovuto del tutto. Molti cicloturisti, d’altronde, pedalano incuranti della pioggia.
Il sole riprende a dominare il cielo, e asciugarsi è questione di poco tempo. A Rapperswil, che sorge ai piedi di un castello turrito nel cantone di san Gallo, mi concedo una sosta lunga a bordo del Zurichsee, dove molte persone passeggiano o sono impegnate in varie attività sportive, in acqua e sulla terraferma.
Da qui parte la ciclovia no.66, che raggiunge Zurigo evitando la strada lacuale e tenendosi un po’ in alto, come la ferrovia che per un po’ segue, in piacevole alternanza di paesaggio rurale e residenziale. Intravedo anche un grande magazzino (forse anche punto vendita) di Rose, marca di bici tedesca non molto conosciuta in Italia.
A Zurigo si arriva in centro agilmente, passando nei pressi della storica stazione dei treni Stadelhofen e della Opernhaus. Nella Limmat, l’immissario del lago che taglia Zurigo in due, ci sono molte persone a bagno, appese a colorati salvagente.
Per arrivare all’ostello nel quartiere Manegg ci sono ancora circa 5 km, è in zona periferica, con uffici e edilizia popolare, servito da una stazione di linea ferroviaria (o metro di superficie), e da un supermercato ben fornito dove avrò il tempo di passare un po’ di tempo tra gli scaffali, facendo un confronto con quelli italiani che frequento di solito . Questo perchè per diversi motivi, tra cui avere dimenticato a Coira l’unico paio di pantaloni lunghi, non tornerò in città per la cena. Nella stanza a 4 letti (e stavolta per fortuna il letto a castello non tocca a me) ho occasione di fare qualche chiacchiera in inglese con un ragazzo di Dublino e un norvegese.
Zurigo città
Faccio tesoro di alcune impressioni nel giro mattutino di domenica 17, perchè anche stavolta mi sveglio presto, e la città è silente e vuota. Il vasto piazzale dell’Opera è vicino al Grossmunster, l’edificio più imponente che custodisce preziose bibbie che ha un portale in metallo con notevoli bassorilievi. Come le altre chiese aprirà verso le 10, ma solo per la messa, niente visite turistiche. In un vicolo vicino mi fermo a fare colazione presso un chiosco gestito da un giovane con una barba ben tenuta. E’ cordiale mi offre una bevana allo zenzero e mi racconta che è un rifugiato dell’Ucraina; è curioso dell’Italia e gli piacciono le parole “cicatrice” e “barbabietola”, ma solo per il suono in sè, non per il significato. Pedalo verso la parte alta, dove si trovano l’Università e il Politecnico (l’ETH), deserti di studenti, ma non del tutto. Mi piacerebbe esplorare, ma mi limito a percorrere lentamente le vie del centro osservando tutte le vetrine, poi ad osservare le molte persone in transito alla HauptBahnhof (anche: Zurich HB) la più grande stazione ferroviaria della Svizzera e una delle più transitate d’Europa (e una delle ben 29 stazioni di Zurigo !)
Scopo della giornata è prendere il Flixbus delle 12:30, alla stazione dei BUS vicino alla HauptBahnhof, e anche il piazzale degli autobus è un luogo interessante. Alcuni fanno servizio da e verso i balcani, uno dalla Calabria. Caricata bici e bagaglio nella stiva (niente portabici posteriore per questa volta), ripercorro in poche ore e in tutto relax, ma con panorami meno emozionanti e ben più misere impressioni di viaggio, la strada verso la Lombardia.
Leonardo
