VELOCISSIMA, STORIA DELL’ AUTOMOBILE

VELOCISSIMA, l’industria dell’auto da Henry Ford a Elon Musk,  LUISS University Press, 2025, euro 18,00.

Cesare Alemanni è scrittore e consulente, si interessa di temi all’intersezione tra tecnologia e politica internazionale, economia e cultura. Per Luiss University Press ha pubblicato La signora delle merci (2023) e Il re invisibile (2024). Cura la newsletter Macro su Substack

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Alemanni riassume la storia dell’automobile intesa non come oggetto, ma come industria automobilistica che “… è stata l’espressione più compiuta della società dei consumi. L’auto non era solo un mezzo di trasporto, ma un’icona culturale, un linguaggio attraverso cui l’Occidente (e soprattutto l’America) raccontava la propria supremazia al mondo. Dalla Ford Model T alla golden age dell’auto americana, dalla Wolkswagen del miracolo tedesco alle Fiat di quello italiano, l’auto ha rappresentato l’idea stessa di modernità” (pag.211).

Deve essere ben chiaro che “Come forse nessuna altra industria, la sua vicenda è intrecciata con il ruolo dello Stato nell’economia. Dall’intervento pubblico nei primi esperimenti produttivi (..) all’attuale geopolitica delle batterie, l’auto ha sempre rappresentato un punto di convergenza – e dialogo reciproco – tra mercato e potere” (pag.7).

Uno degli elementi più gustosi per il lettore è osservare  i pregiudizi culturali verso l’adozione di nuove tecnologie, nel dispiegarsi dei fatti storici, poi il loro superamento, e infine, magari, la comparsa  di valutazioni critiche minoritarie , una volta che la tecnologia inizialmente avversata è adottata in modo massivo e diventa culturalmente “mainstream” .

Curioso che alla fine del diciannovesimo secolo fossero i primi ciclisti e loro associazioni a reclamare pubblicamente un miglioramento delle strade, per la sostituzione dei vecchi ciottolati con lisci superfici asfaltate, funzionali anche alle – poco diffuse – quattro ruote.

All’inizio della storia dell’auto ci sono i pionieri, e tra loro i tedeschi Otto, Daimler, Benz attivi nel perfezionamente del motore a scoppio; negli USA Henry Ford che nasce in un villaggio agricolo in MIchigan durante la Guerra Civile, primo di sei fratelli. Non gli piaceva né lavorare nei campi né studiare. “Non mi piace leggere i libri, mi confondono le idee” è uno degli aforismi a lui attribuiti.

Henry da ragazzo si fece una reputazione nel suo villaggio riparando l’orologio di un vicino; poi a Detroit trovò lavoro in fabbrica, e fece carriera sino a poter realizzare la sua idea: un veicolo a motore che non fosse un gingillo per i ricchi ma un mezzo di trasporto alla portata di tutti, facile da usare e riparare, durevole nel tempo.

Questa idea si realizzò in sinergia con altre idee ingegneristiche e organizzative (il taylorismo) e prese forma mentre nella storia si presentavano la crisi del 1929 e la depressione dei primi anni trenta, poi il New Deal, la guerra e, dopo, la società dei consumi.  Quello che accadde negli USA fu anche in relazione alle vicende europee, e le singole Nazioni coltivarono l’industria dell’auto anche per scopi bellici, poi come elemento chiave delle politiche economiche e sociali: occupazione, salari import-export.

L’auto non possedeva solo la forza dura dell’hardware industriale (come veniva principalmente concepita dall’URSS) ma anche quella suadente del soft power socio-culturale.

Negli USA in particolare Nuove automobili raggiungevano nuove abitazioni viaggiando su nuove strade verso nuovi centri commerciali, la cui costruzione richiedeva nuovo acciaio, nuovo cemento, nuova gomma e, ovviamente, nuovi servizi finanziari e nuovo credito. (pag.87)

All’apice delle relative statistiche, un americano ogni sei doveva il suo impiego, direttamente o indirettamente, all’industria dell’auto. In Italia si attribuisce ad Agnelli l’adagio ” Ciò che fa bene alla Fiat, fa bene all’Italia”.

In questo quadro arrivano delle “crepe”: il giovane avvocato Ralph Nader pubblica nel 1965 “Unsafe at Any Speed: the Designed-In Dangers of the American Automobile” un bestseller che suscitò clamore e costrinse i grandi marchi a rispondere (ad esempio l’introduzione della cintura di sicurezza). 

Meno noti i lavori di Jane Jacobs “The Death and Life of Great America Cities” e Lewis Mumford “The City in History ” e “The Highway and the City” sulle conseguenze nefaste del traffico motorizzato sulla pianificazione delle città.

Insomma già sul finire degli anni Sessanta “l’automobile divenne un emblema dei problemi e dei nuovi rischi creati dalla modernità industriale e tecnologica” (pag.104). Inoltre “Idee come l’obsolescenza programmata o la manipolazione del desiderio per scopi di marketing cominciarono ad essere guardate con sospetto” (pag.105).

Il libro prosegue nella descrizione di crisi e trasformazioni, sino ad arrivare alle sfide odierne, con il grande balzo industriale della Cina, inaspettato, verrebbe da dire, ma lungamente preparato e voluto a livello governativo.

In Cina è avvenuto un nuovo inizio per l’automotive: si sono cominciate a costruire auto “intorno” a delle batterie. Qui l’uomo della leggenda è Wang Chuanfu, nato nel 1966 in una famiglia modesta e presto rimasto orfano, settimo di otto tra fratelli e sorelle. Ma è un talento, si laurea in chimica, diventa manager poi imprenditore. Si mette in testa di costruire auto non inquinanti e – soprattutto – a basso costo. “Era il 2003 a Shenzen, ma, di colpo, sembrava il 1903 a Detroit” (pag.189).

Shenzen, per la cronaca, in quarant’anni è passata da essere cittadina di pescatori di 25 mila abitanti a megalopoli di 18 mln di abitanti ! A Shenzen nel 1992 Deng Xiaoping tenne uno storico discorso in cui esortava gli imprenditori ad essere audaci, prendersi dei rischi, testare idee nuove e non demordere, se convinti delle loro intuizioni. 

Siamo arrivati ad oggi e si può certamente dire che l’automotive occidentale, e l’Occidente nel suo complesso, soffre l’emergere di nuovi sistemi industriali e di nuove superpotenze. 

A proposito di questa perdita di centralità culturale e tecnologica Alemanni nell’ Epilogo del suo libro scrive ” …. e se la vera innovazione non fosse solo nel cambiamento del come e del dove si producono le auto, ma del come e del perchè ci muoviamo ? La crisi dell’industria automobilistica mondiale  potrebbe essere l’occasione per immaginare, in anticipo sul resto del mondo, un futuro della mobilità completamente diverso, che vada oltre le pesanti eredità (anche politiche) del Novecento”.

E’ uno spunto prezioso per i lettori, in particolare per quelli già impegnati in questo sforzo di immaginazione e attivi nel faticoso tentativo di cambiare la cultura e la pratica della mobilità.

LS

Spigolature:

Una reclame del 1932 “Non è più un sogno: Fiat Balilla” su Youtube QUI (durata 4 min 36 sec)

Un editoriale del giugno 2025 sulle dimissioni del CEO di Renault, Luca de Meo: QUI