OFO LASCIA VARESE

Quindi nel giugno scorso, dopo nemmeno 9 mesi di sperimentazione, OFO, società con sede centrale in Cina, ha ritirato il servizio di Bike Sharing Free Floating,  offerto alla città di Varese a partire dal settembre 2017.
Noi  avevamo accolto con favore la novità, con qualche dubbio avvalorato dal senno di poi. Ma non convince la tesi che la causa del ritiro sia da addebitare alla scarsa coscienza civica di Varese, come il manager di OFO Italia nell’ intervista raccolta da Stefania Radman lascia credere.
Piuttosto, da quello che si apprende dalla stampa economica, anche il settore del bike sharing ha in questo momento la sua “bolla” speculativa, come già il settore azionario, quello immobiliare, quello delle società basate su internet di inizio secondo millennio, e tante altre.
OFO ha cessato il servizio, a Varese e in altre città del mondo, perché il Business Plan non era realistico, e i conti non sono tornati, non certo per colpa dei trucchi di alcuni giovinastri per non pagare la tariffa, per quanto la carenza di senso civico in Italia sia in effetti, come dice qualche autorevole osservatore, una emergenza nazionale.
La logica della sostenibilità economica di qualsiasi servizio non può essere ignorata, e si può considerare come parte del più ampio concetto di sostenibilità ambientale. Naturalmente questo non vuol dire che il Mercato ha sempre ragione e può essere lasciato solo a regolare la vita delle persone, per il semplice fatto che il Mercato è una istituzione  e non una regola di natura, non c’è nessuna  “mano invisibile”  imparziale. Il Mercato funziona solo se la politica garantisce alcune condizioni di base. E in ogni caso, come ammettono da tempo anche i liberisti più puri, ha dei difetti che non riesce a curare da sé.
Anche il settore dei trasporti è, ovviamente, condizionato da scelte politiche: non si venderebbero (e userebbero) così tante automobili se non ci fosse qualcuno che costruisce strade, parcheggi, dando incentivi per periodiche rottamazioni. E i tanti soldi spesi per pubblicità e testimonial non servono forse per creare bisogni e gusti artificiali, cioè per indurre le persone a spendere oltre il necessario e a sopravvalutare il ruolo dell’automobile nella propria vita ?
Anche la mobilità ciclistica ha bisogno di infrastrutture e incentivi, più che giustificati dagli effetti collaterali positivi della mobilità attiva.  Speriamo che il bike sharing  (a postazione fissa o free floating)  torni ad avere un ruolo anche a Varese, ma da solo, senza un sistema della mobilità che tolga all’auto privata una centralità innaturale, non potrà certo sopravvivere.
L.Savelli